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mercoledì 18 gennaio 2012

Chi controlla le agenzie di rating

copio perchè non ho voglia di scrivere le agenzie di rating perchè danno i rating ai paesi che non lo richiedono il problema è serio

Sono società di investimento, banche d'affari e grandi capitalisti a controllare le tre sorelle del rating: Moody's, Standard & Poor's e Fitch


Fanno il bello e il cattivo tempo nell'economia mondiale, giudicano l'affidabilità creditizia di imprese, banche e persino Paesi. Sono le agenzie di rating. Le tre sorelle, come vengono chiamate in gergo, che condizionano l'andamento dei mercati e gettano benzina sul fuoco in un momento di grave crisi finanziaria.
Il vero problema è di fatto il regime di oligopolio nel quale operano le tre agenzie che si trovano in obiettivo conflitto d’interesse, avendo come principali clienti - e, quindi, finanziatori - le grandi imprese finanziarie.

Ma andiamo a vedere chi davvero controlla le tre sorelle del rating.
Moody's, che in italiano potrebbe essere tradotto "lunatico", ha come primo azionista il finanziere americano Warren Buffett con il suo fondo Berkshire Hathaway. Compaiono poi Capital World Investors (tra le altre cose anche primo azionista di Standard & Poor's), ValueAct Capital, T. Rowe, Vanguard, State Street e BlackRock, tutte società di investimento e gestione del risparmio.
Standard & Poor's, prima voce sul dizionario "medio e povero", è controllata da McGraw-Hill. Un colosso partecipato dal gestore di fondi Capital World Investors (detiene il 10%), dalle solite State Street e BlackRock, dalla finanziaria Fidelity Investments e da Vanguard Group.
Fitch, in italiano "puzzola", è per il 60% controllata dalla società di servizi finanziari francese Fimalac e per il 40% dal gruppo Usa Hearst. E, caso ha voluto, che un portavoce dell’istituto abbia fatto sapere che, nel corso del 2012, Fitch prevede di mantenere il rating tripla A proprio alla Francia.

Altra nota dolente è che il giudizio, si potrebbe dire del tutto soggettivo, di una agenzia di rating sortisce maggiori effetti sui mercati, di quelli forniti da Commissione Europea o Banca centrale europea. Come una vera e propria fabbrica di aspettative orienta i mercati e gli investitori. Come una profezia che si autorealizza sarà la scelta di declassare un Paese ad aumentare i rischi di fallimento, sarà il pronostico di un default a far realizzare le condizioni affinché avvenga davvero.
Nel famoso film “Mary Poppins” un bambino decide di non consegnare la sua monetina al padrone di una banca scatenando il panico tra i clienti che scambiano l'atteggiamento del piccolo come una mancanza di fiducia. Le società di rating, soprattutto in questo particolare periodo storico, rischiano di scatenare lo stesso panico e di accelerare processi ai quali si sarebbe potuto porre rimedio. Si può partire da un problema reale, come nel caso della Grecia, tuttavia diffondendo aspettative secondo cui lo stato non sarà in grado di restituire i suoi debiti e dovrà necessariamente ricorrere a una ristrutturazione, il premio al rischio richiesto sul debito di quel paese finirà per esplodere. Il problema originario finisce quindi per essere amplificato.
E, a coloro che possono obiettare sostenendo che le agenzie operano per mettere in guardia gli investitori su possibili rischi, è necessario ricordare il giudizio più che positivo che veniva dato a Lehman Brothers un mese prima del suo fallimento o il voto positivo di Standard & Poor’s a Parmalat un mese prima dalla bancarotta. Episodi che alzano non pochi dubbi sull'affidabilità delle loro valutazioni.

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